Freddo intenso e bolliti.. quali vini?

Freddo intenso e bolliti.. quali vini?

Queste giornate gelide chiamano a gran voce il tipico piatto domenicale, e noi rispondiamo all’appello.

Prima di tutto, si dice “bollito” o “lesso”? In realtà sono due cose differenti, che cambiano in base alle tradizioni locali. La differenza dipende dal modo in cui la carne viene cotta. Si parla di bollito se la carne viene messa nella pentola quando l’acqua già bolle. Si parla di lesso, invece, quando la carne viene messa direttamente in acqua fredda e poi viene portato il tutto a ebollizione.

Qui in Emilia la tradizione è lunga, ma per questo articolo guardiamo altrove in Italia, e vi parliamo di peculiarità Piemontesi, Toscane, Venete e Lombarde, con i rispettivi abbinamenti.

  • La scuola piemontese

La tradizionale ricetta del “Gran bollito misto alla piemontese”, detta anche “Bollito storico risorgimentale piemontese” perché particolarmente gradita a re Vittorio Emanuele II, comprende sette tagli principali di manzo (scaramella, punta di petto, cappello da prete, fiocco di punta, noce, tenerone e culatta) cotti insieme nella pentola più grande, sette “ammennicoli”, ovvero tagli di carne più piccoli da cuocersi in pentole separate (coda, cotechino, lonza, lingua, zampino, gallina e testina), cinque salse (bagnet verd, salsa con pomodoro e acciughe, mostarda d’uva, salsa di senape e salsa delle api), tre contorni a base di verdure ripassate al burro (cipolline, zucchine e finocchi), quattro contorni a base di verdure lessate (patate, carote, rape e foglie di verza) ed il brodo ben caldo.

Abbiniamo il Nebbiolo: il re dei vini rossi italiani.

Il Nebbiolo è considerato il re dei vini rossi italiani ed è una scelta eccellente per i bolliti. Questo vino offre una combinazione di frutti rossi, spezie e note terrose che si sposano perfettamente con la carne cotta nel brodo. Un Barolo o un Barbaresco, entrambi prodotti con uve Nebbiolo, sono opzioni di prima classe per un bollito.

  • La scuola toscana

Il bollito toscano include tipicamente una selezione di carni come manzo, cappone (galletto), lingua di manzo, e altre carni bianche. Queste carni vengono bollite in acqua con l’aggiunta di aromi come cipolle, carote, sedano, rosmarino, e alloro. Le carni vengono cotte lentamente fino a quando sono tenere e saporite, poi affettate e servite con salse come la salsa verde (a base di prezzemolo, capperi, acciughe e olio d’oliva) e senape. E’ spesso accompagnato da contorni come patate bollite e verdure lesse.

Abbiniamo il Sangiovese: il compagno toscano (o romagnolo!)

Il Sangiovese è un’altra varietà di uva italiana che si abbina bene con i bolliti. I vini Chianti Classico e Brunello di Montalcino, entrambi prodotti principalmente con Sangiovese, offrono un equilibrio tra fruttato e speziato che completa alla perfezione il sapore del bollito.

  • La scuola veneta

Le carni utilizzate nel bollito veneto possono variare, ma comunemente includono manzo (spesso cappello del prete o muscolo), lingua di manzo, cotechino (un tipo di salsiccia di maiale), petto di pollo e talvolta carne di maiale. Queste carni vengono bollite insieme con l’aggiunta di aromi come cipolle, carote, sedano, rosmarino e alloro. Una volta cotte, sono affettate e servite con salse come la mostarda di Cremona (una salsa a base di frutta candita e mostarda di senape), la salsa verde (a base di prezzemolo, capperi, acciughe e olio d’oliva), e il brodo in cui le carni sono state bollite. La pearà, termine del dialetto veronese che si traduce in “pepata”, è una salsa povera o, più propriamente, una salsa semplice.

Il bollito veneto è spesso accompagnato da contorni come patate bollite, rapa rossa o cavolfiore lessato. È un piatto tradizionale che viene servito in occasioni speciali e festività nella regione del Veneto, e riflette la cucina ricca e saporita della zona.

Proviamo un abbinamento inconsueto, il Raboso.

Il Raboso è un vitigno autoctono della zona del Piave, che si caratterizza per l’elevata acidità e tannicità dei suoi mosti. Tradizionalmente i vini rossi che se ne ottenevano erano talmente astringenti da meritargli il soprannome di “rabbioso”, da cui probabilmente il nome. Con le moderne tecniche esistono rabosi perfetti: alla Cantina Liquida trovi questo vino sia fermo che mosso, un vino perfetto per tutto il pasto e in questo caso per il bollito!

  • La scuola pavese

Cappello del prete legato, cotechini rigorosamente non precotti, lingue e testina di vitello poi l’immancabile salsa verde: patate, prezzemolo, verdure a foglia verde (spinaci, bietola, erbette), acciughe, olio evo, aglio, aceto di vino bianco. Ecco la versione pavese di questo grande classico, che prevede diverse pentole per far cuocere ogni ingrediente alla giusta temperatura e una peculiarità: dopo aver lasciato riposare una notte le carni per farle raffreddare, si dà un altro “colpo”, ossia una ulteriore bollitura di trenta minuti.

Pinot Nero: leggerezza ed eleganza

Il Pinot Nero è una varietà leggera e delicata che può essere una scelta sorprendente ma deliziosa per accompagnare il bollito. I suoi aromi di ciliegie e note floreali si integrano bene con i sapori della carne bollita, creando un accoppiamento raffinato.

Conclusione

In definitiva, i vini rossi offrono una vasta gamma di opzioni per abbinare i bolliti. La scelta del vino dipende dal tuo gusto personale, ma il Nebbiolo, il Sangiovese, il Cabernet Sauvignon e il Pinot Nero sono alcune delle migliori scelte da considerare. Quindi, la prossima volta che prepari un bollito, assicurati di avere a portata di mano una bottiglia di vino rosso per esaltare l’esperienza culinaria: alla Cantina Liquida trovi tutte queste scelte sfuse, in bag in box o bottiglia… passa da noi per un assaggio gratuito e buon appetito!

Pizza e birra? Da dove viene questa “usanza” e perchè ti consigliamo il vino.

Pizza e birra? Da dove viene questa “usanza” e perchè ti consigliamo il vino.

Oggi in Italia più del 30% dei clienti delle pizzerie abbina una birra al piatto più famoso d’Italia: accostamento che, con queste proporzioni, avviene solo nel nostro paese.

Ma sappiamo perché? Da dove deriva questa usanza, che da un punto di vista “digestivo” non è proprio il massimo?

La pizza, in particolare quella napoletana, nasce intorno al ‘700, come piatto popolare e semplice. Nei tanti racconti del tempo sulla città di Napoli, (leggi Matilde Serao) la pizza è sempre accompagnata dal vino, bianco in particolare. Se pensiamo ad un’altra forma d’arte, la pittura, il fiaschetto di vino impagliato è onnipresente: vedi i dipinti di Salvator Rosa, oltre ai maestri dell’arte presepiale napoletana che hanno creato la statuetta dedicata. Il vino è l’accompagnamento a tutto, che sia pasta, pizza o mozzarella, almeno fino agli anni ‘50.

Poi, cosa è successo?

Nel dopoguerra, se volevi mangiare una pizza in pizzeria dovevi necessariamente accompagnarla con semplice acqua, poiché non era concessa la possibilità di vendere bevande alcoliche. Quando venne autorizzata e diffusa una licenza, negli anni Cinquanta, si diede l’opportunità di commercializzare questo tipo di bevande, ma solo sotto gli 8 gradi.

Siccome la pizzeria era il luogo d’elezione per le famiglie che nel fine settimana volevano regalarsi una cena fuori a buon mercato, la birra divenne la bevanda più richiesta anche perché meno costosa della bottiglia di vino, sia per il ristoratore che per il cliente finale.

Possiamo dire che pizza e birra fu l’espressione più popolare della ristorazione nel boom economico: anche i meno abbienti potevano consumare un pasto completo al ristorante.

E poi c’è il caso Birra Peroni: l’azienda, originariamente lombarda, dagli anni ‘20 ha iniziato l’ascesa che l’ha portata ad essere il primo marchio della penisola: nel 1953 inaugura la nuova fabbrica di Napoli, spingendo forte sul pedale della pubblicità in modo da associare il marchio della birra alla ristorazione partenopea. Gadget, doni, sconti: la Peroni diventa una birra “napoletana” e, ancora oggi, in tante pizzerie storiche della città troviamo i regali che abitualmente ricevevano i ristoratori.

Ma “pizza e birra” fa male?

No. Altrimenti non sarebbe da settant’anni l’uso comune. Va però detto che una pizza il cui impasto non è maturato abbastanza (i ritmi dei locali di questo tipo impongono velocità), in “coppia” con una birra spillata male (come avviene nel 90% delle pizzerie) non produce effetti benefici sulla nostra digestione.

Noi (che vendiamo anche birra) vi diciamo solo: provate un bel bianco ghiacciato in abbinamento ad una margherita in una sera d’estate, un bel Vermentino sardo ad esempio, poi tornate a riferirci com’è andata. Non abbiamo dubbi su quello che ci direte.

Qui di seguito alcuni esempi del vino da scegliere con alcune famosissime pizze (che trovate da noi sia SFUSI che in bottiglia con etichetta), ma tenete sempre presente le seguenti regole:

Pizze rosse: compensare l’acidità del pomodoro con vini leggeri e morbidi.
Pizze con formaggi: abbinare un vino di media struttura in cui la freschezza acida è più pronunciata per contrastare il grasso, oppure una bollicina.
Pizze molto saporite: come quelle a base di salumi, capperi o alici, devono accompagnarsi con vini più strutturati.

  • Pizza Bianca (e ai formaggi)

Della margherita abbiamo detto, il pomodoro è acido quindi vini morbidi.

Una pizza bianca al contrario, magari se condita con latticini e formaggi grassi, si presterà maggiormente a un abbinamento con vini bianchi e spumanti con maggiore acidità, freschezza e intensità aromatica, affinché la componente acida del vino possa armonizzarsi e bilanciare la grassezza degli ingredienti.
Un vino bianco del Collio, un friulano ad esempio, può essere per esempio.

  • Pizza crudo e stracchino

Qui andiamo senza alcun dubbio su un Pinot Nero, magari della cantina Calatroni di Montecalvo Versiggia. Un abbinamento classico che bilancia, grazie alla freschezza tipica del vitigno, la sapidità e la grassezza del salume parmense. L’aromaticità del Pinot può anche essere perfetta per altri ingredienti a livello di salume, in particolare quelli affumicati.  Un altro prodotto che possiamo consigliarti è certamente il nostro Gutturnio mosso della cantina Daturi, una garanzia se cerchi un rosso “rurale”.

  • Pizza Napoli

Un ottimo abbinamento di vino e pizza con le acciughe può essere una bella Falanghina del Sannio, disponibile alla Cantina Liquida sia sfuso che in bottiglia: la sapidità iodata e la struttura del vino si integrerà per concordanza con la sapidità degli ingredienti senza introdurre eccessive estranee note aromatiche che coprirebbero l’identità della pizza.  Inoltre, l’acidità naturale di un vino bianco o una bollicina spumante può smussare al palato l’eccessiva sapidità delle acciughe e dei capperi.

  • Pizza ai Porcini

Come abbinare pizza ai funghi e vino? La leggera acidità data dal pomodoro può chiamare un rosso dai tannini morbidi e vellutati come il Raboso, inoltre i profumi di sottobosco e more di rovo tipiche del vitigno veneto, si sposeranno perfettamente in una festa silvestre insieme al fungo.

  • Pizza Capricciosa

Una pizza ricca di ingredienti e grassezza ha bisogno di un vino di struttura ma anche dritto, che faccia da contraltare con una buona fresca acidità e un’intensità aromatica. Ti consigliamo il nostro Refosco dal Peduncolo Rosso di Magnolia, disponibile sfuso o in bottiglia. Un vitigno che amiamo molto, e che ci dona sempre grandi soddisfazioni non banali, specialmente al palato.

  • Pizza Gorgonzola e Salame Piccante

Anche un abbinamento con una pizza potente… Sicuramente uno spumante metodo classico può mitigare la sapidità del gorgonzola con una bella sferzata aromatica e una grande freschezza: qui consigliamo il nostro Incanto Liquido, un bel metodo classico a base riesling che sarà in grado di lavare perfettamente le nostre papille gustative, preparandole al prossimo goloso boccone.

  • Pizza Salsiccia e Friarielli

In questo caso avremo bisogno di un vino caldo e di struttura che tenga testa a degli ingredienti così saporiti, un vino con un palato morbido e avvolgente saprà bene armonizzarsi facendo da contrasto anche il leggero amaro dei friarielli. Qui non abbiamo dubbi: il Cannonau di Sa Defenza, un rosso pazzesco e artigianale che saprà farvi innamorare al primo “sniff”.

Buona pizzata!

Un Rosè fa primavera?

Un Rosè fa primavera?

Qualcuno entra in negozio e chiede “quel vino rosso mischiato col bianco”.

Qualcuno più semplicemente dichiara: – Il rosè non è un vino, dai…-.

O addirittura qualcun altro più datato afferma essere un vino “da donne”, forse per il colore o magari per i profumi… bah.

E’ forse meglio fare chiarezza su questa tipologia di vinificazione, perché di questo parliamo: un vino vero, che in certe zone del globo è un’autentica opera d’arte. In Italia siamo i secondi al mondo in fatto di produzione, anche se non ancora a litri bevuti: la strada però è quella giusta e sempre più persone si avvicinano al rosè, che grazie ai suoi colori e profumi è il principe degli aperitivi primaverili.
Innanzitutto capiamo come nasce: non è un miscuglio! Nella realtà è un prodotto che nasce da uve rosse vinificate in bianco. Il tempo di macerazione determina l’intensità del colore, ed è molto breve: più le bucce sostano insieme alla polpa, più la colorazione sarà intensa, e viceversa. Una volta pigiate le uve, le bucce e i vinaccioli (i semi) vengono fatti macerare nel mosto, come si fa anche per il vino rosso, ma per il vino rosato per un tempo brevissimo, 24/48 ore. La successiva parte del lavoro è separare il mosto dalla parte solida e farlo fermentare “da bianco”.

In Francia, e per la verità anche in alcune zone d’Italia (anche per un nostro Raboso), si utilizza il salasso (o sanguinamento, saignée in francese) una tecnica di vinificazione che consiste proprio nell’estrarre o prelevare una certa quantità di mosto da una botte in cui si sta procedendo alla produzione di vino rosso. La parte di mosto prelevata, prima che la macerazione sia portata a termine, viene vinificata in bianco (ovvero senza bucce) allo scopo di produrre vini rosati. E’ la tecnica utilizzata anche per gli champagne rosè.

Con questi due metodi si ottengono il colore e i sapori tipici del vino rosé. Quindi non stiamo parlando di un vitigno, né di un tipo d’uva, né d’un miscuglio: è un modo di vinificare.

I colori di questo vino sono variegati, c’è il rosa cipria, il rosa salmone, il pompelmo rosa, il corallo e così via fino al rosa albicocca; gli aromi sono delicati ma intensi con un bouquet floreale che può variare dai frutti di bosco, ai sentori di ciliegia, a tratti agrumati che richiamano la scorza d’arancia. Al palato i tannini sono pochi e il liquido va giù che è una meraviglia, grazie alle note minerali e sapide che rendono alcuni prodotti veramente rinfrescanti.

Ora che sappiamo tutto, come abbiniamo un rosè?
Le carni bianche come il pollo, oppure la carne di maiale sono le prime vittime di questi vini, perché i rosati non sono esclusivamente da aperitivo! E ricordiamoci una cosa: come i vini bianchi fermi, il rosè non deve essere freddo gelato! La temperatura ideale è intorno ai 14°C.

Qui alla Cantina Liquida puoi trovare numerosi rosè, che siano sfusi, in bag in box o etichettati!

Sullo sfuso bollicina, trovi il nostro Lumèn dall’Oltrepò Pavese, il classico pinot nero gradevolmente frizzante, profumato di piccoli frutti rossi, fresco e sapido al palato, ottimo da gustare all’ora dell’aperitivo, e a tavola con piatti di pesce e carni bianche oppure il Bosco Rosè, un merlot vinificato in rosa dal Veneto con la potenza di un rosso intenso ma rotondo, adatto anche a piatti più ricchi oltre che per l’happy hour.

Sullo sfuso fermo, disponibili sia in bag in box che in bottiglia, c’è l’imbarazzo della scelta: preferiamo parlare di vini del sud tutti biologici, partendo dalla Sicilia per risalire lentamente lo stivale, il Nerello Mascalese bio domina tra gli autoctoni “antichi”: la nota agrumata e il finale molto fresco ricordano l’arancia. Risalendo, ci soffermiamo sul Cerasuolo DOC della cantina Paride D’Angelo, due giovani fratelli con il biologico come mantra: un Montepulciano d’Abruzzo dunque più strutturato, ma se bevuto fresco spinge tutti ad una facile ebbrezza! Passiamo per la Sardegna, dove Fattorie Isola produce, sempre in regime bio, un Cannonau rosato veramente particolare, acidulo ma morbido, perfetto per i formaggi di media stagionatura.

Qualche menzione anche sulle nostre etichette naturali e bio questa volta stiamo al nord Italia, a partire dalla Schiava trentina dell’Agraria Riva, passando per le bottiglie numerate di Vespaiolo metodo classico dalla cantina Io Mazzucato di Breganze (Vicenza) per giungere al 60 mesi di Casa Caterina, un Franciacorta Rosè parecchio alternativo.

Vi aspettiamo da Turás – Cantina Liquida!

Vini delle Ferie Estive: qualche provocazione.

Vini delle Ferie Estive: qualche provocazione.

Premessa.

Noi di Turás siamo un po’ estremi a volte, e anche dei viziosi. Le convenzioni ci vanno strette: leggerete qui alcune pratiche non necessariamente “di costume”, ma se ci piacciono beh, noi continuiamo a farle.

Per motivi culturali, gran parte delle persone abbandona i rossi d’estate in favore di bevande considerate più rinfrescanti; anche i rosati e i bianchi risentono di questa abitudine, anche se proporzionalmente meno. Sebbene l’Osservatorio Vinitaly ci conferma che quasi il 90% degli Italiani beve vino senza pensare alla stagione, sappiamo che le quantità diminuiscono durante l’estate. Il fatto è che la birra negli anni ha preso il sopravvento in fatto di marketing e di costume come bevanda alcolica estiva per il fatto che venga bevuta molto fredda (ricordiamo la celebre “frittatona di cipolle, famigliare di Peroni gelata e rutto libero”).

Ma i più inossidabili amanti del vino sanno come consumare questo prodotto al meglio anche nelle giornate più calde.

Iniziamo con la prima “provocazione”.

Pensiamo ai nostri nonni. In Emilia la cultura del “mès vén”, una parte di vino e una di acqua fresca, era la bibita dell’estate; nella variante rossa si diluivano lambrusco, acqua e limone per i contadini assetati nei campi. E noi vi assicuriamo che annacquare un bel bianco fermo importante risulta veramente un’esperienza antica, dissetante poco alcolica. Conoscete la nostra predilezione per i vini del territorio, come del territorio è questa usanza: una bella malvasia di candia naturale si presta perfettamente al servizio, perchè non spillata da un comodo bag in box?.

Vogliamo essere più mondani? Ricordando che l’estate da sempre rappresenta l’allegria, la voglia di evadere, libertà, divertimento, optiamo per scelte che richiamino queste caratteristiche: briosi, dinamici (bio), giovani e pieni di vitalità. Le nostre “bolle non convenzionali” sono perfette per queste occasioni

http://shop.turas.store/collections/vini-in-bottiglia

D’altronde anche i francesi hanno i Vin de Soif, vini da “bordo piscina”: agili, leggeri che fanno di bevibilità e la freschezza il cavallo di battaglia.

Non ci piacciono i metodi precisi, i codici standard: eccoci dunque con la seconda “provocazione”: il rosso come vino dell’estate? Perché no? Basta sapersi orientare.

1° accorgimento: pochi tannini, quindi vini mediamente poco allappanti e strutturati, di corpo medio/basso.

2° accorgimento: temperatura di servizio. Partiamo dal presupposto che il rosso non va mai servito a temperatura ambiente, ma di cantina (intorno ai 18°C), in estate possiamo scendere tra gli 11 e i 15°C. Certamente ideali vini come il Lambrusco per rimanere in zona e optare per un mosso, oppure un Pinot Nero poco strutturato, se amiamo i fermi. Perfetto per l’estate è la Schiava trentina (da noi disponibile anche sfuso della cantina Zanotelli), fruttato e leggero e ideale anche per i piatti di pesce. Proseguiamo con i rosati del Garda, come il nostro biologico della Cantina di Riva o con una chicca, il Rossese di Selvadolce, vino biodinamico ligure eccezionale anche nelle versioni più strutturate. Chiude la rassegna il Frappato, autoctono siciliano disponibile da Turás anche sfuso biologico.

3° accorgimento: calici non troppo ampi, per non disperdere il fresco.

Concludiamo con la terza “provocazione”, che farà storcere veramente il naso ai puristi: il ghiaccio nel vino.

Sì, perché per noi in certe circostanze il vino diventa una bibita.

Provate, e poi ci dite, coi vini giusti. Una bolla bianca locale come ad esempio un ortrugo, un rifermentato veneto come una garganega o una durella, oppure un lambrusco.

Poi, se ci dite che “non si fa”, e avete bisogno di sapere che qualche big ha sdoganato la cosa, vi diamo noi la notizia: Moët & Chandon lo fa con lo champagne.

Ricordate: il ghiaccio non annacqua il vino, ma mantiene viva la bollicina.

Dimenticate le convenzioni e fate ciò che più vi piace.

Ciao